Gal Mari e Monti

LA TRANSUMANZA NEL TERRITORIO DEL GAL MARE MONTI

Questo GAL comprende i territori del Marghine, della Planargia e della Baronia, ma storicamente era la Baronia di Bitti e Onanì ad essere coinvolta dal fenomeno della transumanza in maniera rilevante da un punto di vista sociale e antropologico. Le mete previlegiate erano i comunali di Posada, Torpè e Siniscola, mentre le campagne di Bolotana, Silanus, Bortigali, Montresta, Suni, Tinnura e Flussio erano sfruttate maggiormente a fini agricoli e, a detta degli allevatori, non erano dotate di buoni pascoli.
All'interno di queste due regioni sono state individuate diverse direttrici di spostamento che principalmente sono: la transumanza di Bitti che, passando per la colonia penale di Mamone, proseguiva fino al santuario della SS. Annunziata dove si pernottava per continuare il giorno seguente verso il Monte Tepilora, la frazione di Sas Concas,Torpè e in. ne Posada. L'altra via percorsa sempre dai bittesi era diretta verso la Gallura per raggiungere i territori comunali di Olbia e di San Teodoro e si sviluppava attraverso i comuni di Alà dei Sardi, Buddusò e Padru.

La transumanza di Onanì invece costeggiava principalmente il Rio Mannu, fino ad incrociare la rotta dei bittesi sul pianoro di Gallè, dopo il santuario dell'Annunziata. Infine vi era la strada seguita dai pastori di Lula che raggiungevano i pascoli di Torpè costeggiando il Monte Albo fino alla località Sant'Anna e poi percorrendo un vecchio sentiero, non più esistente, che li portava a Lodè attraverso il complesso forestale di Su Lidone, e infine a Torpè e Posada. L'itinerario che si è scelto di approondire è quello che maggiormente permette di illustrare il territorio preso in considerazione, sviluppandosi in un'area che va da i 900m sino a giungere al livello del mare nella parte terminale che rappresentava il punto di arrivo del pastore transumante. Punto di partenza è il paese di Bitti (549 m slm) adagiato in una vallata circondata da colline ricoperte di querce secolari, sughere e macchia mediterranea. Il nome del paese pare derivi da bitta, in sardo cerbiatta, perché la leggenda tramanda che una cerbiatta venne uccisa presso una fonte del paese.
Le prime testimonianze umane nella zona risalgono alla preistoria, ma il primo nucleo urbano si forma solo in epoca romana. Durante il Medioevo Bitti è capoluogo della curatoria del Giudicato di Gallura e poi, nel XIV secolo, del Giudicato di Torres. Successivamente è incluso nel marchesato di Orani. Il paese continua ad avere un'economia fortemente radicata nell'allevamento e contaben 150 aziende zootecniche con conseguente produzione casearia, in particolare del pecorino. Sono attive anche attività artigianali di pregio nell'ambito della produzione ceramica e dei caratteristici tappeti locali intrecciati su telaio verticale. Nel paese è visitabile il Museo della Civiltà Contadina e Pastorale ospitato in una casa di antica architettura locale, nel vecchio quartiere di Monte Mannu, a pochi passi dalla chiesa parrocchiale. L'edificio è una tipica casa locale con pavimenti e sofftti in legno e scale di granito. Disposto su più piani, il museo offre un suggestivo percorso nella ricostruzione di venti ambienti tipici della tradizione locale, che permettono di rievocare momenti di vita e di lavoro. Al piano inferiore gli oggetti esposti rimandano al lavoro e alle fatiche del pastore e del contadino: aratri, falci, paiuoli, il carro. Al piano superiore la cucina, la camera da letto, la stanza dedicata alla produzione del pane carasau, l'ambiente per il culto. Di grande interesse è il Museo multimediale del Canto a Tenore, espressione dichiarata dall'Unesco "Bene intangibile dell'Umanità", per la quale i cantori di Bitti hanno raggiunto grande notorietà internazionale.

Da Bitti alla SS. Annunziata (km 34)
Percorso per intero il corso di Bitti si imbocca la SS389 verso la cantoniera di San Giovanni e ci si dirige verso Romanzesu, sito archeologico il cui complesso si estende per 7 ettari in un fitto bosco di sughere, sull'altopiano di Bitti. Il sito si raggiunge attraverso una strada sterrata di circa 3 km dalla statale. rimanere cieco.
Lasciato il complesso nuragico, si imbocca la SP50 che porta alla colonia penale di Mamone (nome che gli deriva dalla frazione omonima del paese di Onanì) attraversando un territorio ricoperto da sugherete, lecci e sottobosco di cisto quasi completamente disabitato. Il paesaggio cambia decisamente una volta che si raggiungono i campi della colonia, tenuti a pascolo e quasi totalmente privi di alberi. Dopo circa 8,2 km dal bivio per Mamone, si trova l'indicazione per raggiungere Crastazza-Tepilora, parco naturale regionale di recente istituzione. Questa strada era una di quelle percorse nella transumanza e si snodava in direzione nord attraversando l'attuale territorio del parco per giungere a Torpè e quindi alla costa. Il Parco è formato dalla Foresta di Sos littos, sas tumbas, divenuta demanio nel 1914, e costituita da un bosco di antica formazione, dal monte Tepilora e dalla zona di rimboschimento di Crastazza. In quest'ultima sono percorribili i sentieri dei carbonai, sia a piedi che a cavallo. Il terreno è solcato da ampi canali, scavati nel granito, che scendono dall'altopiano alla valle. I canali, ricchi di acqua, danno vita durante l'inverno e la primavera a cascate, come quella di S'illiorai, con un salto di 40 m, e di Sas lapias, dove l'acqua scorre su un costone di granito nero. L'ambiente è costituito da formazioni vegetali e specie fauni-stiche di elevato valore naturalistico.
Si trovano infatti cinghiali, volpi, gatti selvatici, martore, lepri sarde e donnole ma anche popolazioni di daini. Da un punto di vista faunistico l'elemento di maggior interesse è dato dalla presenza dell'aquila reale, che nidi. ca sul monte Tepilora. Non è raro avvistare il falco pellegrino, lo sparviero o la poiana. Nella foresta è ospitato anche un centro di ripopolamento del muflone, animale vittima del bracconaggio che in alcune zone ne ha messo a rischio la sopravvivenza.
Lasciato il bivio di Crastazza dopo 12,6 km si arriva al santuario della Santissima Annunziata, visibile una volta che si inizia la discesa dall'altopiano verso il fondo valle. La chiesetta campestre si erge solitaria su di una collina circondata dalle bianche cumbessias e conserva, al suo interno, importanti ex voto. In occasione della ricorrenza religiosa si anima diventando per nove giorni teatro di riti religiosi e luogo di pellegrinaggio a piedi e a cavallo da parte di schiere di fedeli provenienti da tutti i paesi del circondario. Come risulta da un'iscrizione scolpita sul granito l'attuale chiesa venne fatta erigere nei primi decennidel XVI secolo a proprie spese da Michelangelo Serra, sacerdote nativo di Dorgali. Nel 1804 il papa Pio VIII concesse in perpetuo l'indulgenza plenaria ai penitenti che ricevono i sacramenti nella ricorrenza della Madonna. Ogni
anno, nel piccolo villaggio di fede, si svolge nella terza domenica di maggio la festa che risale al XVI secolo. Per i pastori transumanti era il luogo del pernottamento e vi giungevano dalla strada di Mamone per poi all'alba ripartire verso Lodè, Torpè e la costa.

Da SS. Annunziata a Lodè (km 6,7)
Il percorso prosegue sulla SP50 verso l'abitato di Lodè, piccola comunità abbarbicata sul costone del monte Calvario e affacciata sulla vallata del
Monte Albo. Il suo comunale si estende dai 16 ai 1057 m slm con uno sviluppo prevalentemente collinare ad eccezione della piana attraversata dal Rio Mannu. Il paese parrebbe aver avuto origine da tre nuclei originari di Sos Loddos, Oriannele e Th ilimeddu che prima del XIII secolo erano a occidente dell'attuale abitato. Devono aver convissuto con il nuovo centro se, come le leggende tra mandano, durante la festa di S. Giovanni, arrivavano da Sos
Loddos Sos Caddos Irdes, cioè i cavalli verdi che correvano il palio in onore del santo. In epoca giudicale era l'avamposto occidentale del Giudicato di Gallura con un contingente di 100 soldati. Nel 1431 è passato sotto la Baronia di Posada. Nelle campagne del paese si trovano ancora degli esemplari di pinnettu, i vecchi ovili dei pastori, testimonianza di una economia pastorale ed agrico la ancora fortemente radicata. Del territorio comunale fanno parte il complesso forestale di Sant'Anna e parte della foresta demaniale di Usinavà. Fra le tradizioni che ancora il paese conserva vi è quella de Su ballu 'e s'arza, un ballo rituale messo in atto per scongiurare il pericolo della morte di coloro che erano punti dell'argia, un ragno velenoso. Suggestivo è anche il rito legato a Su maimone, fantoccio portato in giro per il paese, dentro il quale era posta una botticella che piano piano veniva riempita dal vino o. erto di casa in casa.

Da Lodè a Torpè (km 15)
Ad un paio di chilometri dal paese si trova il bivio per Torpè; si percorre la SP24 costeggiando per un lungo tratto l'invaso arti. ciale di Posada chiuso dalla diga Maccheronis. Lungo la strada sono visibili due fontane: Funtana Loddue e Funtana 'e Josso. L'invaso ha forma irregolare con insenature che si insinuano tra le colline, le sponde sono basse ricoperte da sassi e da sabbia. È possibile praticarvi la pesca sportiva. Torpè è un paese prevalentemente agricolo e contornato da una zona collinare dalla quale è possibile godere di suggestivi panorami verso la costa e la fertile valle del Rio Posada. La vegetazione è caratterizzata dalla presenza di oleandri, tamerici, salici, frassini e canna comune, particolarmente rigogliosi in prossimità del fiume. Da visitare nelle campagne del paese, vicino al frantoio della sabbia, è il nuraghe San Pietro, uno dei più rilevanti della zona. Il monumento è passato attraverso tre fasi costruttive e abitative: le prime due, in età pre-nuragica e nuragica, ebbero inizio e finene entro il II millennio
a.C. quando l'insediamento, secondo quanto rilevato durante gli scavi, venne all'improvviso inspiegabilmente abbandonato. La terza fase ebbe inizio a termine del I secolo d.C., quando una delle torri minori fu utilizzata come granaio. Il nuraghe è quadrilo bato ed è stato edi. cato con grossi massi di tra chite di colore rossiccio. Sia il mastio centrale, che due delle torri sono in buono sta to e visitabili. È stato fatto oggetto di scavo e restauro circa venti anni fa; durante gli scavi sono venuti alla luce parecchi oggetti, fra questi un pregevole specchio in bronzo e dei canestri di asfodelo carbonizzati contenenti del grano nella stessa condizione.

Da Torpè a Posada (km 3)
Posada è arroccata su una collina calcarea che ha sulla sommità l'antico Castello della Fava, dominante sull'intera piana solcata e fertilizzata dal fiume.
Il paese è sicuramente uno dei centri abitati sardi più antichi in assoluto come terstimoniano reperti rinvenuti nel pieno centro abitato. Secondo teorie ancora oggetto di studio e discussione fra gli studiosi, i fondatori di queste prime comunità sarebbero i Shardana, popolazione proveniente dall'Asia Minore, dal cui ceppo discenderebbero poi i Tirreni e conseguentemente gli Etruschi. Di certo si sa che Posada ebbe un nucleo nuragico ed etrusco e probabilmente fu un punto di contatto fra le due culture che si intrecciarono nell'antica comunità di Feronia. Con questo nome sulle prime carte nautiche è indicato un centro nell'area dell'attuale Posada, anche se non ne è stata rinvenuta traccia. L'arrivo dei romani è databile nel III sec. a.C. e ne rimane testimonianza nel Portus Liquidonis, posto nell'attuale cala di San Giovanni.

Con l'arrivo dei romani inizia anche a diffondersi il toponimo di Pausata, ad indicare un luogo di sosta o comunque di passaggio, poi spagnolizzato in Posada. Durante il periodo giudicale la zona è luogo di con. ne fra i due giudicati di Gallura e Arborea e questo porta alla costruzione del Castello della Fava (XII sec.) e alla fortificazione muraria del centro. Delle mura sopravvive attualmente solo la parte più alta. Il castello venne conquistato e perso più volte dai due giudicati, per rimanere di proprietà degli Arborea fino alla caduta di quest'ultimo giudicato.

Successivamente venne infeudato dagli Aragona al nobile casato dei Carroz, conti di Mandas e Terranova ed elevato a capoluogo della Baronia. I Baroni succedutisi nel possesso del territorio non ne ebbero particolare cura e la zona fu oggetto di saccheggi e assedi ad opera di saraceni, lanzichenecchi e barbari. L'abitato appare attualmente formato da due nuclei principali: un ben conservato centro medioevale ed una parte più recente sviluppatasi nella zona pianeggiante sottostante il colle.
Il Comune di Posada per valorizzare il proprio patrimonio ambientale intende realizzare nella vallata il Parco fluviale che comprenderebbe la piana, la foce del Rio Posada e gli stagni comunicanti: Tundu, di forma circolare, e Longu. Tale Parco, grazie alle alleanze con gli altri comuni dello stesso bacino imbrifero, risalente sino ad Osidda, si propone una più forte valorizzazione della connessione fra mare e montagna. La valle di Posada, creatasi per sedimentazione alluvionale, contiene molti elementi di interesse naturalistico. Infatti la particolare conformazione geologica ha portato una di. coltà di accesso alle terre scoperte e ha avuto un ruolo di fondamentale importanza nella conservazione di endemismi e rarità botaniche e faunistiche. È possibile praticare in quest'area l'osservazione naturalistica e avvistarvi il cavaliere d'Italia, i fenicotteri rosa, le tartarughe di acqua doce, senza eccessive di. coltà. Queste terre costituivano, in passato, per molti pastori il punto di arrivo della transumanza, avendo campi fertili e ricchezza di acqua, per altri era solo punto di passaggio verso i pascoli di Budoni, San Teodoro, Olbia oppure Siniscola.

Da Posada a S. Anna (km 20,3)
Il nostro percorso continua verso la località balneare di La Caletta, passando per la SP24 senza entrarvi e dirigendosi verso Siniscola. Il paese è un importante centro dell'alta Baronia, posto in una pianura a ridosso della piccola catena calcarea del Monte Albo. Il territorio è molto interessante dal punto di vista naturalistico, anche per le immense, bianche spiagge contornate da dune e pinete di Pino Marittimo. All'interno di Siniscola si trovano le indicazioni per la frazione di Sant'Anna, raggiungibile con la SP3 in direzione del Monte Albo. La strada inizia quasi subito a salire verso la cantoniera, offrendo un panorama di grande suggestione sia sui . anchi del Monte Albo, ricoperti di vegetazione, sia verso la vallata e il mare che, nel succedersi dei tornanti, si apre in una visione che abbraccia Capo Figari e l'isola di Tavolara a nord, la punta di Capo Comino a sud. La frazione di Santa Anna è un punto di valico da cui anticamente si dipartivano sentieri ormai non più in uso.

Da Sant'Anna a Lula (km 24)
La SP3 si sviluppa lungo il fianco del Monte da nord verso sud, permettendo la visione delle vallate verso l'interno lungo un costone inizialmente spoglio poi di nuovo ricoperto da una folta vegetazione di querce, corbezzoli ed eriche. A circa 3,5 km da S. Anna si incontra Funtana Sa Mela e successivamente la Fonte Talisi, le cui acque vengono abitualmente raccolte dagli abitanti della zona per la loro bontà. Presso la Cantoniera Janna Rughe (16,4 km da S. Anna) è visibile il bivio per la miniera di Guzzurra, un complesso produttivo per l'estrazione di zinco e piombo che nella seconda metà dell'Ottocento occupava oltre 100 operai.

La strada sterrata che consente di giungervi scende in una valle stretta, ricoperta da un bosco di abeti, fino a un punto di confluenza di due ruscelli, dove sono visibili i ruderi dei fabbricati con le cisterne, la laveria, i camini di lavorazione del minerale. Dopo questa località, a circa 7 km di distanza, si arriva all'abitato di Lula; da qui guardando il Monte è possibile individuarne le cime da Punta Cupetti (1029 m), Punta Gurturgius (1042 m), Punta su Muttucrone (1050 m), Punta Ferulargiu (1057 m) sino alle più vicine al paese che giace ai piedi delle vette gemelle Punta Catirina e Punta Turuddò (entrambe 1127 m). Lula, secondo quanto riportato da Tacito, pare abbia avuto origine da un iniziale insediamento ebraico: l'imperatore Claudio avrebbe espulso da Roma degli ebrei oppositori del regime imperiale condannandoli ad metalla, cioè al lavoro in miniera. Nel suo territorio si trovano diverse chiese campestri, ma quella sicuramente più conosciuta è il santuario di San Francesco meta ogni anno di un sentitissimo pellegrinaggio che ha luogo all'inizio di
maggio. Secondo la leggenda la chiesa, risalente al 1600, sarebbe stata edi. cata per il voto di un bandito pentito per i propri delitti e desideroso di espiarli. Il pellegrinaggio inizia la notte del 30 aprile dalla Chiesa del Rosario a Nuoro dove i novenanti si radunano per raggiungere a piedi, alle prime luci dell'alba, il santurario.

La religiosità dell'evento è fortemente sentita e la novena seguita e partecipata. Interessante è la ritualità dell'accoglienza del pellegrino che giunto al santuario viene rifocillato con una tazza di ca. è, con i savoiardi e successivamente con l'offerta del . lindeu. Questa è una minestra di semola dalla lavorazione molto particolare, cotta nel brodo di pecora. I pellegrini mangiano sia la minestra che la carne lessata della pecora e quella arrosto del maiale che nei giorni della festa i priori provvedono a far arrostire nei cortili racchiusi dalle cumbessias.

Da Lula a Bitti (4.7 km)
Sempre sulla SP3 si arriva al piccolo paese di Onanì, sito a circa 482 m slm, in uno splendido scenario naturalistico, attorniato da boschi di roverelle e dalla macchia mediterranea. Il territorio dove sorge è stato abitato dall'antichità come testimoniano i numerosi nuraghi e le domus de janas sparse nelle sue vicinanze. Le chiese cam - pestri dedicate a Cosma e Damiano attestano il culto di epoca bizantina, men tre la chie sa di San Pietro è un notevole monumento di stile romanico. Di Onanì si hanno notizie nel trattato di pace fra la giudicessa Eleonora e Giovanni D'Aragona nel 1388, con la denominazione di Villa Donanì. La sua economia è essenzialmente pastorale e al pascolo brado è dedicato gran parte del terreno comunale. Ben 2300 ettari del Comune sono affittati allo Stato, fin dal 1880 e con cadenza centenaria, ad uso della colonia penale. Il centro abitato ha conservato le case tipiche dell'architettura locale; è di recente ristrutturazione l'antico mulino, corredato dalle attrezzaure d'epoca. Alcuni anni orsono su alcune abitazioni il pittore Diego Asproni dipinse dei murales, assieme ad alcuni allievi dell'Accademia di Brera. Il tracciato si richiude tornando a Bitti, da dove aveva avuto inizio. Anche in questo caso, come per il percorso del GAL Barbagie Mandrolisai, la circolarità del tracciato permette la percorrenza in entrambe i sensi di marcia e da qualsiasi punto del percorso.

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