Gal Barbagie

LA TRANSUMANZA NEL TERRITORIO DEL GAL BARBAGIE E MANDROLISAI

mente caratterizzata dalla presenza di lecci, sughere, roverelle, agrifogli, castagni e, per quanto riguarda gli arbusti, eriche, peonie, ginestre. Il tracciato si snoda lungo il percorso della transumanza che i pastori della zona utilizzavano
per la discesa verso il Campidano, conducendo tutti alla cantoniera di Ortuabis e raggiungendo poi i luoghi di pascolo nell'Oristanese o nel medio Campidano.
Si parte da Gavoi (770 m slm), paese dell'area montana, sicuramente fra i meglio conservati nella sua struttura urbanistica ed architettonica caratterizzata da case in granito ornate, durante la primavera e l'estate, da coloratissime balconate di fiori alla cui cura le gavoesi si dedicano cno grande impegno.

Al principio dell'estate si svolge ormai da parecchi anni, la premiazione per il giardino e per il balcone più fiorito. Il paese ha una particolare vivacità in ambito culturale e turistico in quanto sede di un festival letterario, di una rassegna di cinematografia e di altre manifestazioni volte alla valorizzazione dei prodotti
locali tipici. Da visitare il Museo della Civiltà dell'Altipiano dedicato alla vita del
pastore transumante e del suo compagno di lavoro, il cavallo e il Museo Jocos dedicato ai vari aspetti della cultura agropastorale locale e sarda. Espone
circa 400 tra giochi, giocattoli antichi e strumenti sonori e musicali utilizzati nella
vita quotidiana e nelle ricorrenze festive, ricostruiti dallo stesso espositore.

Da Gavoi a Fonni (km 6,2)

Da Gavoi, percorrendo la SS128 in direzione sud si costeggia il lago di Gusana, formato dallo sbarramento del fiume Taloro realizzato nel 1960. Il perimetro del bacino artificiale è di 14 km, completamente circondato da un fitto bosco di lecci, roverelle, pioppi, ciliegi, noci e biancospini nel quale trovano rifugio
molti animali di notevole interesse naturalistico, tra cui l'euprotto sardo (un an. bio), il nibbio reale, il falco pellegrino, il corvo imperiale, il gatto selvatico e la martora. Sulle sponde del lago sono presenti diverse strutture ricettive di
consolidata esperienza dove è possibile soggiornare e gustare la cucina tipica locale; nell'invaso, riserva di pesca sportiva, è possibile pescare trote, tinche, carpe e pesce persico. Vi si tengono anche gare regionali di canoa. Si percorre poi la SS389 dir. b in direzione dell'abitato di Fonni, il paese più alto
della Sardegna con i suoi 1000 m slm. Lungo la strada, a poca distanza dall'abitato, in una posizione estremamente panoramica, è possibile sostare per una visita alle rovine del Nuraghe Logomache.
Non è chiara l'origine del nome Fonni che per alcuni deriva dal termine fenicio
phanna che significa "elevatezza, bella vista", per altri dal nome di un precedente insediamento, distrutto dai vandali, secondo un'altra teoria verrebbe dal termine fons latino, in quanto la zona è ricca di acque sorgive.

Il paese è noto come centro per il turismo invernale perché è l'unico in Sardegna ad essere dotato di impianti di risalita per la cima del Bruncu Spina. Il nucleo iniziale si è strutturato attorno al 1000 d.C. nelle vicinanze della chiesa gotica di San Giovanni Battista. Dopo il 1600 un secondo nucleo ha preso forma in prossimità del Convento francescano di Santa Maria dei Martiri. Merita una visita la Basilica della Madonna dei Martiri, al suo interno.

È uno degli esempi più apprezzabili del periodo barocco isolano: presenta una navata centrale con volta a botte sulla quale si a. acciano due cappelle semicircolari e un presbiterio rialzato, sormontato da una cupola ottagonale che ospita l'altare con la statua seicentesca della Madonna dei Martiri. Gli affreschi settecenteschi, opera di artisti locali, raffigurano la prima diffusione del Cristianesimo in Sardegna. Nella cripta sottostante la chiesa si apre un vestibolo rettangolare voltato a botte che conduce a un santuario sotterraneo, ricco di arredi e decorazioni. Una volta attraversato il paese in direzione della SP7 per Desulo, sulla destra si incontra una deviazione per il Complesso nuragico di Gremanu, non lontana dal passo Caravai (1118m slm), nel versante nord-est del Gennargentu.

Questo è un interessantissimo santuario considerato tra i più signi. cativi della Sardegna nuragica, e si estende per oltre sette ettari su un declivio. A non grande distanza sono le Tombe dei Giganti di Madau, una necropoli con 4 tombe megalitiche di età nuragica disposte ad anfiteatro: la più grande, di costruzione isodoma, misura 22 metri di lunghezza e presenta un'esedra larga 24 metri. In
origine l'ingresso era sormontato da una stele a dentelli che attualmente giace in terra nello spazio dell'esedra.

Nei pressi della tomba si trova un betilo munito di coppelle. La seconda tomba, probabilmente più antica, è costruita su una preesistente struttura dolmenica e presenta
la camera sepolcrale quasi intatta e un'esedra che in origine formava un semicerchio con diametro di 12 metri.

Da Fonni a Tonara (km 31)
Nel proseguire sulla SP7, a circa 5,3 km da Fonni si trova l'indicazione del Parco Donnortei, oasi naturalistica nata alla fine degli anni '90 in collaborazione con l'oasi del
WWF di Monte Arcosu. Il suo territorio si estende dalle pendici del Monte Spada a 1200 m slm . no alla vallata del fiume Aratu. Nel compiere un'escursione nel bosco
è possibile osservare esemplari di daini, cervi, mu. oni e cinghiali e, in località Su troccu, ammirare centinaia di bonsai secolari di fillirea latifoglia cresciuti nella roccia.
Sempre sulla SP7, in prossimità della precedente deviazione, è indicata la strada per la cima Bruncu Spina e per le fonti che si trovano ai suoi piedi. Queste, ricche di un'acqua
freschissima e buona, sono frequentatissime dagli abitanti dei paesei vicini, ma anche da numerose persone che settimanalmente arrivano da Nuoro per fare scorta di acqua.
Lungo la provinciale è segnalato anche il sentiero naturalistico Divisu Aratu, percorribile in mountain bike e a cavallo. Giunti al passo Tascusì (1245 m slm), si trovano numerose indicazioni per sentieri e per il Giardino Botanico del Gennargentu in località S'Arena. Pochi metri a monte si trova la Chiesa della Madonna della Neve, edificata nel 1920 per sciogliere un voto di riconoscenza fatto da alcuni uomini scampati ad una tormenta di neve. Si racconta infatti che l'ultimo dell'anno del 1913 inque ambulanti di Desulo stessero tornando a casa, dopo diversi giorni di assenza. Alcuni amici di Fonni tentarono di dissuaderli dal proseguire il viaggio sia per le cattive condizioni del tempo, sia per il soppraggiungere dell'oscurità, ma gli ambulanti volevano tornare alle loro case per festeggiare con le famiglie il nuovo anno. Proseguirono e, giunti al passo Tascusì, si persero nella tormenta e dopo diverse ore solo due dei cinque si ritrovarono e riuscirono raggiungere il paese. In onore della Madonna si svolge ogni 31 di maggio un
pellegrinaggio a piedi che partendo dalla parrocchiale di Desulo arriva alla chiesa della Madonna della Neve dove si svolge la messa. Al passo si svolta sulla SS in direzione di Tonara; lungo il percorso è possibile ammirare il fitto bosco di roverelle e castagni; in questi ambienti crescono l'elleboro, pianta erbacea endemica protetta, l'erica, la peonia, la digitalis purpurea, specie che cresce spontanea solo in Sardegna, l'agrifoglio, il tasso e un altro raro endemismo, l'astragalo del Gennargentu.

Tonara è posto alle pendici del Monte Muggianeddu, avamposto occidentale del Gennargentu, ha un'economia essenzialmente agropastorale e artigianale, ed è particolarmente famoso per la produzione del torrone, a cui è dedicata una sagra che si svolge il giorno di Pasquetta. Il paese è tradizionalemente diviso nei tre quartieri di Arasulè, Toneri e Teliseri dislocati fra gli 850 e i 1000 m slm e conserva molte case di architettura tradizionale. Da segnalare a questo proposito la Casa - museo Porru, una costruzione vasta in schisto e legno, una volta sede delle prigioni.

Altro luogo di interesse è la Chiesa parrocchiale di San Gabriele, costruita nel XVII secolo e riedi. cata nel XIX. L'unica testimonianza della chiesa originaria è il campanile
costruito nel 1607 poco distante dalla chiesa. Da visitare anche la Chiesa di Sant'Antonio di Padova, costruzione cinquecentesca interessante per il pregevole affresco che vi si conserva. Il paese ha dato i natali ad uno dei più importanti poeti in lingua sarda dell'800, Peppino Mereu.

Da Tonara ad Aritzo (km 12)
Proseguendo sulla SS295 ci si dirige verso l'abitato di Belvì, piccolo centro agro-pastorale (660 m slm) nella valle del Rio S'Iscara. Circondato da boschi di noci, noccioli,
ciliegi, castagni e querce non ha perso la propria struttura di piccolo paese montano. Alle ciliegie, all'inizio dell'estate, il paese dedica una sagra. Siti suggestivi del territorio
di Belvì sono la rupe calcarea di Pitz e' Pranu, la Punta Tonnai e il colle di Santa Margherita, dove si trova una chiesa campestre. Un'altra zona assai interessante è la località
Nelca dove si estendono boschi imponenti di castagni secolari. Da visitare nel paese il Museo di scienze naturali nato grazie al lavoro di ricerca svolto dal prof. Von Hartig, studioso di fama internazionale di entomologia ed ecologia. A breve distanza, continuando sulla stessa SS295, sul costone del Monte Genna de Crobu si incontra l'abitato di Aritzo (98 7 m slm), centro dotato di ottime strutture turistiche ed impianti sportivi moderni. Qui è prevista un'area di sosta attrezzata, a cura del GAL, completa di cartelli esplicativi del percorso e delle caratteristiche naturalistiche dei territori attraversati. Punto di attrazione è il centro storico e, in particolare, merita una visita il Castello degli Arangino edi. cato nel 1917, appartenente alla omonima famiglia. Di grande interesse anche il Museo della Montagna sarda e il Carcere spagnolo detto Sa Bovida risalente al '700 e utilizzato . no al dopoguerra come carcere di massima È ubicato nel centro storico di Aritzo in un vecchio edificio realizzato in materiale scistoso e legno di castagno. Il nome deriva da un sottopassaggio a sesto acuto sa bovida (la volta) di origine ispanica. Gli spazi interni, oggi completamente ristrutturati, sono costituiti da un piccolo locale anticamente utilizzato come postazione di sorveglianza, due celle riservate alle donne e una terza camera, priva di aperture, destinata ai prigionieri. Nel cortile interno è possibile ammirare un'antica meridiana. Il territorio circostante il paese appare estremamente vario con dolci vallate di castagneti e noccioleti alternate a ripide spaccature e gole create dai numerosi torrenti affluenti del Flumendosa. La vegetazione è ricca di endemismi quali la genziana maggiore, l'edera terrestre, il susino selvatico nano. Ma una caratteristica unica del territorio di Aritzo sono le neviere che è possibile vedere sul monte Funtana Cungiada a circa 1300 m tra felci e ginepri non distanti dalla chiesa di
Santa Maria della Neve, riedificata intorno al 1925 su un edificio preesistente. Le neviere o domos de su nie sono pozzi circolari profondi parecchi metri e individuabili all'esterno grazie ai muretti a secco. Erano poste lungo i canaloni, dove la neve veniva stivata dai niargios e conservata fino all'estate. Il ghiaccio era pressato nella neviera e ricoperto con uno strato di paglia, felci e terra. D'estate i blocchi di ghiaccio venivano tagliati e portati a dorso di cavallo in tutti i centri isolani per essere consumati per refrigerare le bevande e per produrre sa carapigna, una sorta di granita al limone venduta durante le feste paesane. Questa singolare occupazione, ha costituito una delle principali attività degli aritzesi fino alla fine del secolo scorso.

Da Aritzo a Meana Sardo (km 21)
Si prosegue l'itinerario sulla SP295 e a 2,4 km dal paese si incontra il bivio con indicazione per visitare Texile, un "tacco" frutto dell'erosione avvenuta nel Giurese dichiarato Monumento Naturale e Sito di Interesse Comunitario, di cui si hanno diversi esempi nella confinante Ogliastra. Si trova qui anche la Cantoniera Cossatzu, luogo di confluenza delle greggi e di sosta lungo i percorsi della transumanza. Pochi chilometri oltre, al valico Sa Casa, il paesaggio si apre verso le vallate sottostanti, decisamente più aperte e meno boscose di quelle appena attraversate e si inizia a discendere verso i pianori del Sarcidano. Da questa zona i transumanti discendevano verso la stazione di Ortuabis, attraversandone il bosco che ancora adesso costituisce parte del comunale di Meana. Questo punto rappresenta l'estremità meridionale del nostro percorso nella Barbagia e Mandrolisai. Si prende la SS128 in direzione nord verso Meana Sardo, centro appartenente alla Barbagia di Belvì, anche se già al confine con il Sarcidano. Il suo nome deriva dalla parola meridiana in quanto si trova più o meno a metà lungo il corso di una strada romana che da Bhiora (Serri) passava per Valenza (Nuragus), Meridiana (Meana), Augustis (Austis), Sorabile (Fonni), Caput Tirsi e Olbia. Il suo territorio ha una morfologia collinare e montuosa, con numerosi corsi d'acqua di cui il principale è l'Araxisi affuente del Tirso. La vegetazione è prevalentemente costituita da roverelle e sughere, ma non mancano l'agrifoglio e il tasso, grazie alla ricchezza d'acqua, l'olivastro, il corbezzolo, l ginestra e il lentischio. Nelle campagne sono ancora visibili molti pinnazzus, a conferma della tradizione pastorale del centro. Numerose sono anche le testimonianze della civiltà nuragica e fra questi il nuraghe quadrilobato di Nolza è uno dei più importanti della Barbagia Mandrolisai. Lo si raggiunge percorrendo per circa 7 km la strada comunale che si diparte dalla SS128 all'ingresso meridionale del moderno abitato di Meana Sardo, oppure col Trenino Verde (tratta Mandas - Sorgono), nell'apposita fermata a circa 300 metri dal nuraghe. Dall'alto di Su Planu ha una posizione dominante sul territorio circostante che gli consente di controllare i camminamenti e le vie di penetrazione naturale segnate dai corsi d'acqua che collegano con il Sarcidano e con l'Oristanese. Il Nuraghe Nolza, già conosciuto dagli studiosi ottocenteschi, è stato oggetto di studio anche di recente perché nel 1994 si è dato avvio ad un programma di scavi stratigrafici dei suoi ruderi. Dopo 5 anni di ricerche, condotte con la collaborazione di studenti e archeologi provenienti da Università e Istituti di ricerca stranieri, il monumento rivela la sua struttura complessa, di forma quadrilobata, che richiama le strutture del nuraghe "Su Nuraxi" di Barumini. La muratura, pur non essendo ancora del tutto liberata dai crolli che ne occultavano la forma reale, è stimabile che nella torre principale raggiungesse i 14 metri di altezza. Il mastio infatti conserva ancora quasi intatte due camere cupolate sovrapposte, collegate alle camere delle quattro torri perimetrali grazie a corridoi e scale ricavati nelle murature delle cortine. Il Nuraghe Nolza venne edificato e successivamente trasformato e infine abbandonato dopo 500 anni di vita quasi ininterrotta, alla fine del secondo millennio avanti Cristo. I manufatti ceramici e bronzei rinvenuti durante gli scavi sono visibili nei locali del Museo Archeologico Comprensoriale di Teti. Lo scavo è visitabile con un servizio di accompagnamento e guida turistica tutti i giorni ad eccezione del lunedì. L'abitato di Meana mantiene intatta la struttura del centro storico, e sono numerose le case con grandi portali in legno, sormontati da archi in trachite, pietra locale ampiamente utilizzata nelle decorazioni in stile goticoaragonese, nei capitelli e nelle mostre delle finestre. È interessante la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo, edificata nel secolo XVI su un impianto precedente. Da Meana Sardo a Sorgono (km 14) Si prosegue il percorso sulla SS128 verso nord in direzione del paese di Atzara, centro del Mandrolisai con una struttura ancora fedele al tracciato medievale e una chiesa dedicata a Sant'Antioco Martire in stile goticoaragonese. Il centro è rinomato per la sua produzione di vini, in particolare rossi, e per i tappeti.

I primi dati certi della coltivazione della vite risalgono al 1400; per gli atzaresi il vino non costituisce solo una risorsa economica, ma è parte della tradizione, della storia e soprattutto della cultura. È da vedere il Museo d'Arte Moderna e Contemporanea, situato nel centro del paese, dedicato al pittore spagnolo Antonio Ortiz Echagüe. La creazione della struttura è connessa alle vicende che al principio del Novecento portarono ad Atzara tre pittori spagnoli di scuola costumbrista: Eduardo Chicharro Aguera, Antonio Ortiz Echagüe e Bernardo De Quìros. Giunti per un viaggio studio rimasero profondamente a. ascinati dagli abiti a dalle tradizioni locali. La loro presenza convogliò qui anche l'attenzione di artisti quali Francesco Ciusa, Antonio Ballero, Giuseppe Biasi, Filippo Figari, Mario Delitala, Carmelo Floris, Stanis Dessy. La collezione pinacoteca è costituita da
54 opere che offrono una panoramica completa delle tendenze artistiche dai primi anni del Novecento ai giorni nostri. In uno dei tre livelli del museo è inoltre possibile ammirare una mostra fotografica che rappresenta momenti di vita del paese ai primi del '900. Il tracciato continua verso nord lungo la SS128 in direzione di Sorgono (700m slm) piccolo centro agricolo, collocato geograficamente nel centro della Sardegna, e paesaggisticamente inserito in un ambiente ricco di boschi e sorgenti. Di grande bellezza la vegetazione della foresta S. Loisu che è anche oasi naturalistica perché zona di ripopolamento del cervo sardo, in località Bardacolo. Da visitare anche la foresta monte Littu
e la fontana di Perda 'e manza con annessa area picnic. Nel centro sono conservati esempi di architettura domestica aragonese, la chiesa di San Giacomo risalente a epoca romana e la chiesa dell'Itria che da un'altura di circa 1000 m slm domina il panorama circostante. Merita di essere visitata anche la Stazione ferroviaria, capolinea della ferrovia Isili - Sorgono, dalla caratteristica architettura di ingegneria ferroviaria di fine '800 (1888). Una caratteristica locale è la preparazione di una gustosissima zuppa, detta Sa minestra cun lampazzu, preparata con una erba selvatica. Si tratta del Romice, in particolare del rumex obtusifolium, erba infestante nota ai Sorgonesi con il nome di lampazzu.È una zuppa che va preparata utilizzando assieme a questa erba altri quattro ingredienti: il formaggio fresco reso acidulo, la "fregula sarda", i ciccioli e la cipolla. Nei dintorni si trova il Santuario di San Mauro, complesso monumentale gotico-aragonese. San Mauro Abate viene festeggiato per ben tre volte nel corso dell'anno, il 15 gennaio, Santu Mauru de is Dolos, San Mauro dei Dolori; il martedì successivo alla Pasqua, Santu Mauru de is Frores, San Mauro dei fiori e infine l'ultima domenica di maggio,
Santu Mauru Erricu, San Mauro ricco.

Da Sorgono a Ovodda (km 18.4)
Nel proseguo della SS128 si incontra il paese di Tiana (478 m slm), piccolo centro rurale posto in una zona collinare, mentre i rilievi che gli fanno da corona oltrepassanoi mille metri e costituiscono gli ultimi avamposti della catena montuosa del Gennargentu. Il centro è circondato da una vegetazione fittissima di lecci e sugherelle, di castagni e di noci, e presenta un panorama da cartolina, di grande suggestione. Secondo alcuni studiosi, dal nome del torrente Tino, nella cui valle è sorto, deriverebbe il nome del paese; altri, invece, ne attribuiscono la radice a Diana, la dea della caccia, venerata dalle antiche popolazioni locali. Lungo il Tino e il Rio Torrei è possibile visitare un mulino e una gualchiera, gli unici rimasti dei tanti che si trovavano lungo il corso dei torrenti e che costituivano una salda risorsa economica per i tianesi. Questi due macchinari costituiscono ora una sorta di "museo animato" e possono essere ammirati in funzione, per rivivere il tempo in cui l'energia veniva prodotta con la forza dell'acqua del fiume. Questa faceva
girare un'enorme ruota a pale la quale trasmet teva ilmovimento alle macchi ne, che, nel caso del mulino , macinavano il grano. Il funzionamento della gual chiera era il medesimo, ma era adibita alla lavorazione dell'orbace, il tessuto con cui si producevano, fino a non tanto tempo fa, i vestiti dei pastori e della popolazione.

L'orbace veniva ammorbidito con dei robusti magli, messi in movimento da una grossa ruota azionata dallo scorrere delle acque. Pochi chilometri più a nord, alle pendici del monte Orohole, si trova Ovodda paese montano della Barbagia di Ollolai. Il suo territorio comunale si estende per circa 4000 ettari, quasi tutti di privati, solo in minima parte di proprietà comunale. Il territorio ovoddese va dai 1200 m slm del monte Mighinari ai 350 ca. della valle del fiume Taloro, che è sommersa dall'invaso artificiale di
Cucchinadorza realizzato nel 1964. Sono pochissime le zone pianeggianti. In questi ultimi anni si è assistito all'incremento delle attività artigianali e agroalimentari, a discapito del tradizionale settore agropastorale. Il pascolo brado non viene più praticato e così anche la transumanza sostituita da allevamenti stanziali, e dalle attrezzature moderne per la zootecnia. Nel Campidano di Oristano, zona che in passato costituiva la principale meta degli allevatori transumanti del paese, sono presenti circa cinquanta famiglie ovoddesi; quasi tutte mantengono legami col centro d'origine, spesso costruendovi o riadattandovi una casa. L'area dove sorge l'abitato è stata popolata fin dall'antichità, come testimoniano i menhirs di Predas Fittas, le tombe dei giganti di Su nodu e Lopene, le domus de janas di S'abba vo'ada e Ghiliddoe, il villaggio romano di Domosnovas. Nel centro del paese è da visitare la parrocchiale di San Giorgio del XVII secolo. Da Ovodda a Gavoi (km 22) All'interno dell'abitato si trova, non tanto lontano dalla piazza della chiesa di San Giorgio, l'indicazione per il lago Cucchinadorza che appare, all'ennesima curva mentre si discende lungo la strada, allungato sul fondo valle e completamente circondato dai boschi. L'invaso, formato dal fiume Taloro, è connesso a quello di Gusana. Anche in questo invaso è possibile praticare la pesca sportiva di trote, carpe, tinche, anguille e pesce persico. Si segue la strada sino ad imboccare la SP4 all'altezza della Cantoniera Sinasi e si svolta in direzione di Olzai; dopo poco più di un chilometro si trova il bivio per Ollolai. La via si inerpica stretta e tortuosa verso la sommità di una montagna ricoperta di lecci e di imponenti rocciai di grande bellezza. Merita, giunti in prossimità della cima, per poi scollinare vero Ollolai, di fermarsi ad ammirare il paesaggio verso il lago sottostante e la piana (ad ovest) nella quale si intravvede a non grande distanza l'invaso di Benzone. Ad est, invece, si dispiega la vallata chiusa dal massiccio del Gennargentu e la visuale riabbraccia gran parte del territorio che è stato percorso da questo itinerario. Una volta giunti sulla sommità si arriva al paese di Ollolai, un centro di antichissime origini, tanto da dare il nome ad una delle storiche Barbagie.

Sul monte di Santu Basili sono state rinvenute le prime testimonianze di insediamenti umani risalenti al 4000 a.C. Al nucleo iniziale si unirono clan di nuragici fuggiaschi delle pianure del Campidano, scappati per sottrarsi all'invasione cartaginese. Nei dintorni sono stati ritrovati altri reperti in diverse località a testimoniare la diffusa presenza dell'uomo. Gli abitanti della zona rimasero fra gli ultimi ad essere cristianizzati, tanto che l'imperatore Maurizio, certo che la conquista dell'entroterra non sarebbe mai avvenuta senza il dominio sui barbaricini, chiese aiuto a Papa Gregorio Magno. Questi si rivolse al capo dei Barbaricini, Ospitone, che la leggenda vuole vivesse sul monte Santu Basili. Si rivolse a lui che già era divenuto cristiano perché facilitasse l'opera missionaria degli inviati papali Felice e Ciriaco.

Un evento cruciale, nella storia del centro, fu l'incendio che il 5 agosto 1490 distrusse gran parte dei rioni del villaggio. Le cause, secondo la versione tramandata nella comunità, nascevano dalla disamistade che contrapponeva le due famiglie più potenti del paese, gli Arbau e i Ladu. Gli Arbau erano schierati con agli Aragonesi, i Ladu con gli Arborea. Avvenne che un figlio dei Ladu, che i frati francescani istruivano, venisse trovato morto nel pozzo dell'orto del convento. Del delitto vennero accusati i frati, anche se molto probabilmente era imputabile agli Arbau. I frati abbandonando in tutta fretta il villaggio, portando con sé un pregevole Crocifisso ligneo ancora oggi conservato nella Cattedrale di Santa Giusta. Due giorni dopo la loro
partenza, divampò l'incendio che la leggenda attribuisce alla maledizione dei frati stessi che, nel lasciare il paese, pare avessero battuto anche la polvere dai calzari, per non portare niente con sé che appartenesse a quella comunità. Nella parte alta del paese sono visibili le indicazioni della Chiesa di San Basilio, posta in mezzo al bosco, edificata dai monaci basiliani e utilizzata da quelli francescani dopo la cacciata dal paese e di diverse sorgenti come Sa ontana de sos Pardes, S'Abbearzu, Su Puthu, antico abbeveratorio. L'economia del centro è fondata sull'attività agro-pastorale e sull'artigianato tradizionale dalla lavorazione dell'asfodelo per ceste e cestini alla lavorazione del legno e del ferro. In questo paese il Gal Barbagie Mandrolisai ha allestito un'area attrezzata per la sosta, corredata di cartelli chiarificatori dell'itinerario e deglielementi che lo caratterizzano sia da un punto floro-faunistico che geologico. Il percorso si richiude col ritorno a Gavoi, lungo la SS128.

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